Acidi grassi a corta catena e i disturbi della digestione
Gli SCFA possono contribuire a migliorare alcuni disturbi legati al processo digestivo dei nutrienti.
Ad esempio il butirrato, come detto sopra, ha un effetto antinfiammatorio sull’intestino, rendendo più efficaci tutte le azioni volte a demolire e a trasformare il cibo.
I batteri intestinali convertono l’amido e la pectina in acidi grassi a corta catena: è dimostrato, infatti, che assumerli riduce, ad esempio, la diarrea nei bambini.
Anche la celiachia, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e la Sindrome dell’Intestino Permeabile, principali patologie intestinali croniche di natura infiammatoria (MICI – in inglese IBD Inflammatory Bowel Disease), vengono trattate, con ottimi risultati, attraverso l’impiego dell’acido butirrico.
Studi su animali hanno dimostrato che sia il butirrato che l’acetato riducono l’infiammazione dell’intestino.
Per contro, bassi livelli di acidi grassi a corta catena vengono relazionati con il peggioramento di coliti ulcerose e celiachia.
Anche sull’uomo, studi recenti, hanno dimostrato e confermato che gli SCFA, in particolar modo il butirrato, possono migliorare i sintomi della colite ulcerosa, della celiachia e del morbo di Crohn.
In particolare si è scoperto che gli alimenti ricchi di butirrato, unitamente a integrazione di particolari probiotici, portano a miglioramenti clinici e remissione nel 53% dei pazienti affetti dal morbo di Crohn.
Per i pazienti con colite ulcerosa e celiachia, un enteroclisma di acidi grassi a corta catena, due volte al giorno per 6 settimane, aiuta a ridurre i sintomi del 13%.